Torino, 2019-05-12 – “Guardare la realtà in modo disincantato, per comprendere che è qualcosa di molto complesso. Non è solo quella della scienza e dell’intelletto: è anche quella dell’immaginazione”. È il messaggio, ancora attuale, del pensiero leopardiano che può illuminare il percorso della società contemporanea. è stato sintetizzato dal filosofo Massimo Cacciari, ospite dello stand istituzionale della Regione Marche. Il suo intervento, a margine delle presentazioni in corso, ha anticipato quello svolto presso la Sala Viola del Lingotto, nell’ambito dell’iniziativa promossa dalla Regione per i duecento anni de L’Infinito di Giacomo Leopardi. Una riflessione svolta da Cacciari con il filosofo Giulio Giorello, moderati da Piero Dorfles, sul concetto più alto e più arduo del pensiero umano. La realtà leopardiana, ha detto Cacciari, nel suo intervento allo stand della Regione, “essendo quella dell’immaginazione, può essere anche quella della speranza. Non solo una visione realistica e pessimistica, ma una visione che ti può spingere a creare quella coesione, quello stare insieme, auspicato nel canto de La Ginestra”. Leopardi, ha evidenziato, “è un grande pensatore, oltre che un grande poeta, come ormai viene riconosciuto da tutta la critica. E il suo pensiero è molto complesso”. Una complessità che ha un primo fondamento nella constatazione che la filosofia va intesa come una visione il più possibile integrale e completa della realtà, dolorosa ma vera. “Dolorosa perché vedere le cose come stanno può provocare dolore, ma anche vera, nel senso latino del termine, che è uguale a reale. Una cosa è dire il vero, il reale, rappresentarlo per come è, anche se costa dolore, In Leopardi c’è un di più che spiega poi anche la sua poesia: accanto a questa dimensione, altrettanto reale tra le nostre facoltà, c’è quella dell’immaginazione e qui si aggancia il tema de L’Infinito. Nella realtà di Leopardi c’è anche l’immaginazione e speranza. La Ginestra è un canto di speranza: che si sia in grado di federarci nei confronti della natura e dei dolori che sentiamo, che ci provochiamo. Leopardi non è pessimista, da questo punto di vista, ma realista”.